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    infinito.
    Immediatamente esplosero, nella vetreria vicina, duecentoquindici calici di cristallo, sessantuno
    vetri l0x10 già pronti per la ditta Trupper, otto bottiglie con incisioni su soggetto biblico
    commissionate dalla contessa Durtenham, un paio d'occhiali appartenente al vecchio Andersson, tre
    lampadari di cristallo rimandati indietro perché fallati dalla Casa Reale, più uno comprato, perché
    fallato, dalla vedova Abegg.
    - Dobbiamo aver sbagliato qualcosa - disse il signor Rail.
    - Evidentemente - disse il vecchio Andersson.
    - Trenta centimetri - disse uno dei signori venuti dalla capitale scendendo dalla gran macchina.
    - Anche meno - disse l'altro signore venuto dalla capitale guardando il mozzicone di binario rimasto
    prima del prato puro e semplice.
    Silenzio.
    Poi tutte le grida del mondo, e gli applausi e i cappelli che volano - e tutto un paese che corre a
    guardare quei trenta centimetri di ferro, anche meno, per guardarli da vicino e dire, poi, erano trenta
    centimetri, anche meno, un niente.
    Un niente.
    La sera. come tutte le sere, venne la sera.
    Non c'è niente da fare: quella è una cosa che non guarda in faccia nessuno.
    Succede e basta.
    Non importa che razza di giorno arnva a spegnere.
    Magari era stato un giorno eccezionale, ma non cambia nulla.
    Arriva e lo spegne.
    Amen.
    Così anche quella sera, come tutte le sere, venne la sera.
    Il signor Rail se ne stava sotto la veranda a dondolarsi sulla sua sedia guardando Elisabeth giù nel
    gran prato, puntata verso il ' P tramonto.
    Così, da lontano, cosi, dall alto, sembrava iccola come non l'aveva mai vista.
    - Ha l'aria di essere maledettamente sola - disse Jun.
    - Ti piace? - strana.
    - Strana come? - Non so, me l'immaginavo più lunga... e più complicata.
    - Un giorno magari le faranno più lunghe e più complicate.
    - Me l'immaginavo colorata.
    - Però è bella, così, color del ferro.
    - Quando correrà sotto il sole brillerà come uno specchio e la si potrà vedere da lontano, vero? - Da
    molto lontano, come uno specchietto che scivola via in mezzo ai prati.
    - E noi la vedremo? - Certo che la vedremo.
    - Voglio dire, non saremo già morti quando finalmente ce la farà a partire? - Oddio, no.
    Certo che no.
    Innanzitutto noi due non moriremo mai, e in secondo luogo checché tu ne dica quei binari che
    adesso, d'accordo, sono esageratamente corti, ben presto saranno lunghi duecento chilometri, dico
    duecento, e forse sarà già quést'anno, forse per Natale quei due binari...
    - Scherzavo, signor Rail.
    - .. mettiamo pure un anno, un anno intero, due, al massimo, e io ti dico che metterò su quei binari
    un treno di tre, quattro vagoni, e quello partirà e...
    - Ho detto che scherzavo...
    - No, tu non scherzi, tu credi che io sono matto e che i soldi per far partire questo treno non li
    troverò mai, ecco quel che credi.
    - Io credo che tu sei matto, e che appunto per questo li troverai quei soldi.
    - Ti dico che partirà, quel treno.
    - Lo so, partirà.
    - Partirà e si divorerà a cento all'ora chilometri e chilometri tirandosi dietro decine e decine di
    persone, e se ne fregherà di colline, fiumi e montagne e senza fare una sola curva, diritto come un
    colpo sparato da un'enorme pistola, arriverà alla fine, in un batter d'occhio, arriverà trionfalmente a
    Morivar.
    - Dove? - Eh? - Dove arriverà quel treno? - Arriverà... da qualche parte arriverà, in una città magari,
    arriverà in una città.
    - In che città? - In una città, una città qualunque, andrà sempre dritto e alla fine troverà una città,
    no? - In che città arriverà il tuo treno, signor Rail? Silenzio.
    - In che città? - É un treno, Jun, è solo un treno.
    - In che città? - In una città.
    Silenzio.
    Silenzio.
    Silenzio.
    - In che città? - A Morivar.
    Quel treno arriverà a Morivar, Jun.
    E allora Jun si voltò lentamente e rientrò in casa.
    Scivolò nel buio delle stanze e sparì.
    Non si voltò, il signor Rail, se ne rimase a fissare Elisabeth, laggiù, e solo dopo qualche istante
    disse qualcosa, ma molto piano, come a se stesso, in un filo di voce.
    = Amami, Jun.
    E basta.
    Una cosa che vista da lontano sarebbe parsa uno spicchio qualunque di una vita qualunque.
    Un uomo sulla sua sedia a dondolo, una donna che si volta, lentamente, e rientra in casa.
    Un niente.
    Crepita, la vita, brucia istanti feroci e negli occhi di chi passa anche solo a venti metri da lì non è
    che un'immagine come un'altra, senza suono e senza storia.
    Così.
    Però, a passare quella volta, c'era Mormy.
    Mormy.
    Vide suo padre sulla sedia a dondolo e Jun rientrare in casa. [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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