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in mano vedute e figure di qualsivoglia specie, e imiti il
suono col suono, e in breve, rappresentando ordinata-
mente quello che sarà piaciuto all inventore, non operi
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Letteratura italiana Einaudi
Giacomo Leopardi - Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica
sol tanto nella immaginativa ma eziandio ne sensi del
non più lettore ma spettatore e uditore e che so io? E
mentrech io scrivo queste cose, viene con un nome infer-
nale da un paese romantico uno strumento non dissimile
in quanto all ufficio da questo ch io m andava immagi-
nando quasi per giuoco; ed io mi rallegro d aver preve-
duto dove convenia che arrivasse la nuova scuola, e mi
dolgo che né meno da scherzo si possa quasi né dire né
pensar cosa tanto strana e ridicola che dai romantici non
sia pensata e detta e, potendo, praticata da buon senno.
Anche potrei confermare quello che ho scritto in altro
luogo di questo Discorso, del quanto giovi alla imitazio-
ne che gli oggetti sieno comuni, e per lo contrario noccia
che sieno straordinari e sconosciuti; imperocché allora il
maraviglioso e per tanto il dilettevole della imitazione è
molto scarso, non potendosi veruno maravigliare che sia
ritratta al naturale una cosa ch egli non sappia come sia
fatta, e quando anche l imitazione sia vivissima, cagio-
nando appresso a poco lo stesso effetto che un invenzio-
ne del poeta: ora fu noto ai bisavi, ed è noto ai fanciulli
che generalmente è molto più facile e meno maraviglioso
l inventare che l imitare. Ed io so bene che l esperienza
propria fa fede a chicchessia di quello ch io dico, né c è
persona la quale non si avveda che quando ella contem-
pla, poniamo caso, una bella pittura o scultura, suol pro-
vare a cagione della maraviglia uno squisitissimo diletto
notando così tutta l imitazione come questa o quella par-
te quanto somigli bene e accuratamente al vero, e quasi
credendo di vedersi davanti lo stesso oggetto imitato; nel
quale anche sogliamo por mente allora a non poche mi-
nuzie, che nel vederlo effettivamente, per lo più non at-
tendiamo: né questo diletto può cadere in chiunque non
conoscendo o appena conoscendo l oggetto reale, non
può confrontare seco medesimo senza veruna difficoltà
né fatica l imitazione colla cosa imitata, né discernere a
prima giunta la somiglianza scambievole dell una e
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Letteratura italiana Einaudi
Giacomo Leopardi - Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica
dell altra. Avea deliberato di parlare di tutte queste cose
distintamente. Ma oramai sono sazio di scrivere, e voi sa-
rete sazi di leggere, se però la pazienza v avrà sostenuti
fin adesso, o Lettori miei. Perciò bastino le cose che si
son dette. Ma già sul finire, essendomi sforzato sin qui di
costringere i moti dell animo mio, non posso più repri-
merli, né tenermi ch io non mi rivolga a voi, Giovani ita-
liani, e vi preghi per la vita e le speranze vostre che vi
moviate a compassione di questa nostra patria, la quale
caduta in tanta calamità quanta appena si legge di ve-
run altra nazione del mondo, non può sperare né vuole
invocare aiuto nessuno altro che il vostro. Io muoio di
vergogna e dolore e indignazione pensando ch ella sven-
turatissima non ottiene dai presenti una goccia di sudore,
quando assai meno bisognosa ebbe torrenti di sangue da-
gli antichi prontissimi e lieti; né c è una penna tra noi che
s adopri per quella che gli avi nostri difesero e accrebbe-
ro con milioni e milioni di spade. Soccorrete, o Giovani
italiani, alla patria vostra, date mano a questa afflitta e
giacente, che ha sciagure molto più che non bisogna per
muovere a pietà, non che i figli, i nemici. Fu padrona del
mondo, e formidabile in terra e in mare, e giudice dei po-
poli, e arbitra delle guerre e delle paci, magnifica ricca
lodata riverita adorata; non conosceva gente che non la
ubbidisse, non ebbe offesa che non vendicasse, non
guerra che non vincesse; non c è stato imperio né fortuna
né gloria simile alla sua né prima né dopo. Tutto è cadu-
to: inferma spossata combattuta pesta lacera e alla fine
vinta e doma la patria nostra, perduta la signoria del
mondo e la signoria di se stessa, perduta la gloria milita-
re, fatta in brani, disprezzata oltraggiata schernita da
quelle genti che distese e calpestò, non serba altro che
l imperio delle lettere e arti belle, per le quali come fu
grande nella prosperità, non altrimenti è grande e regina [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ] - zanotowane.pl
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