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    di bloccare l'aggressione.
    I cani si servono di due accorgimenti, uno nei momenti di sottomissione
    "passiva" e l'altro in quelli di sottomissione "attiva". Nel primo caso, l'animale più
    debole non ha scelta: l'aggressore si sta avvicinando con aria minacciosa. A quel
    punto, allora, il cane sottomesso si accuccia più che può, cercando di apparire il più
    piccolo possibile, e poi, se anche questo espediente non serve a bloccare l'attacco, si
    rotola sulla schiena tenendo le zampe abbandonate sul torace. In questa posizione,
    l'animale può anche emettere una piccola quantità di orina, perché questo è il
    comportamento tipico dei cuccioli appena nati quando la madre si avvicina a loro per
    leccarli e stimolare quindi la minzione. (Quando i piccoli hanno soltanto qualche
    giorno di vita non orinano da soli. La madre deve rivoltarli "a nasate" e poi leccarli
    ripetutamente sulla pancia per fare in modo che incomincino a fare pipì.) Assumendo
    spontaneamente quella posizione, dunque, il cane adulto sottomesso riesce a
    trasmettere il più potente segnale infantile esistente nel linguaggio di questo animale.
    E di solito, come per magia, l'ostilità dell'aggressore svanisce.
    La sottomissione "attiva", invece, richiede una tattica del tutto diversa. Se un
    cane di rango inferiore vuole avvicinarsi a un esemplare dominante, non può farlo
    buttandosi a pancia per aria; deve trovare qualche altro sistema di acquietamento per
    far capire che le sue intenzioni sono del tutto pacifiche. E lo fa adottando un altro
    comportamento tipico dei cuccioli nei confronti dei più "anziani", cioè leccando il
    muso del cane adulto in posizione accucciata. Infatti, quando i cuccioli hanno un
    mese di vita, incominciano a elemosinare il cibo dai cani più vecchi allungando il
    muso verso di loro e strofinandosi contro la bocca degli animali adulti, continuando a
    leccarli e a dar loro dei colpetti con il naso finché questi non rigurgitano qualche
    boccone. La sottomissione "attiva" segue lo stesso schema di comportamento, ma in
    questo caso l'animale di rango inferiore è più o meno della stessa taglia di quello
    dominante. Se l'animale sottomesso si avvicinasse al "capo" e gli leccasse il muso, il
    suo gesto sembrerebbe un po' troppo baldanzoso, quindi per evitare questo
    inconveniente il cane più debole si abbassa fino quasi ad accucciarsi. In quel modo,
    esso si pone al giusto livello "da cucciolo" e può sollevare la testa verso l'animale
    dominante: infatti, così facendo, riproduce il necessario comportamento infantile.
    Con questo tipo di atteggiamento "puerile", il cane adulto sottomesso può
    avvicinarsi a qualunque suo simile nel branco senza rischiare di essere aggredito. In
    questo modo gli animali possono stare gli uni vicini agli altri senza temere
    continuamente di azzuffarsi.
    È vero che un cane sconfitto offre la gola al suo avversario?
    No, non è vero. La ragione di questa domanda è da collegarsi a un fenomeno
    osservato dal famoso naturalista austriaco Konrad Lorenz. Egli notò che quando un
    lupo (o un cane) molto aggressivo ha sconfitto il suo rivale e sta quasi per infliggergli
    il morso fatale, l'animale più debole volta rapidamente la testa e mette in mostra la
    sua parte vulnerabile, la gola. In quel modo, esso espone la vena giugulare alle grosse
    zanne dell'aggressore, mettendola immediatamente e deliberatamente alla mercé
    dell'animale che lo ha assalito. Quest'ultimo accetta subito la versione canina della
    "bandiera bianca" e si trattiene dal mordere selvaggiamente la sua vittima,
    risparmiandola cavallerescamente. Questo nobile comportamento impressionò molto
    Lorenz, il quale elaborò tutta una sua teoria in proposito.
    Purtroppo, era una teoria che si basava su un'interpretazione del tutto errata del
    comportamento canino. Lorenz aveva visto un animale che voltava la testa e
    rimaneva poi assolutamente immobile, mentre l'altro si strofinava contro il suo muso,
    annusandolo. Lo studioso pensò che quest'ultimo fosse l'animale dominante,
    l'aggressore, e che volesse mordere l'altro suo simile ma si trattenesse perché questo
    aveva esposto la sua parte vulnerabile. In realtà, i ruoli erano completamente
    invertiti: l'animale che sembrava voler mordere la sua vittima era invece l'esemplare
    più debole che inscenava la sottomissione "attiva" (il comportamento preso in
    prestito da quello tipico dei cuccioli quando elemosinano il cibo e cercano di
    convincere il genitore a rigurgitare qualche boccone). L'animale che voltava di scatto
    la testa, per contro, era quello dominante che reagiva in modo sprezzante
    all'atteggiamento sottomesso del più debole.
    Nelle rarissime occasioni in cui le zuffe tra cani diventano veramente feroci,
    nessun animale offre la gola al suo avversario. L'unica speranza per lo sconfitto è
    quella di battere quanto prima in ritirata e di allontanarsi il più possibile, altrimenti
    rischia di farsi uccidere. È così che certi giovani maschi vengono espulsi dal branco
    (è il caso dei cani e dei lupi selvatici): se hanno sfidato l'esemplare dominante e sono
    stati sconfitti, devono abbandonare il gruppo e cercare di sopravvivere per conto loro,
    oppure unirsi ad altri "reietti" di altri gruppi per formare un nuovo branco.
    Per il cane che vive in appartamento questi aspetti della violenza canina hanno [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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